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Blocco del canale di Suez, quali ripercussioni per l’export?

Blocco del canale di Suez, quali ripercussioni per l’export?

L’inizio del 2024 per l’export mondiale è stato segnato dal recente blocco del canale di Suez.

Quest’ultimo rappresenta una rotta commerciale di essenziale importanza per il passaggio delle merci a livello globale; secondo un report di The Economist Intelligence Unit, infatti, attraverso questo tratto di mare passa il 30% del traffico di container e il 12% del commercio mondiale. I ripetuti attacchi del gruppo yemenita degli Houthi alle navi cargo in transito nello stretto hanno comportato la chiusura del choke point, e di conseguenza la necessità di individuare nuovi percorsi per le merci.

Già a dicembre scorso il Kile trade indicator ha mostrato un calo del 2% delle esportazioni dall’UE in seguito a questa crisi geopolitica. 

Quale è l’impatto sull’export italiano e soprattutto, come salvaguardare le esportazioni provenienti dal nostro paese?

Blocco canale Suez export

 

Blocco del canale di Suez, i primi effetti

Per fronteggiare l’emergenza nel canale di Suez sono state diverse le compagnie internazionali che hanno modificato le proprie rotte commerciali, optando per il passaggio attraverso il Capo di Buona Speranza in Sudafrica.  Si tratta di una scelta che implica costi di trasporto più alti (una maggiorazione che si aggira sui 1500 dollari a container) e ritardi importanti, che possono arrivare anche a 20 giorni. 

Fino a questo momento le imprese italiane hanno registrato ripercussioni contenute. L’esigenza però è quella di elaborare al più presto strategie in grado di fronteggiare l’emergenza. Le merci che dall’Italia transitano per il mar Rosso coprono quasi il 9% delle nostre esportazioni, come riportato da Confartigianato. In altre parole si tratta di un volume di affari che supera i 53 miliardi di euro e che deve essere salvaguardato. 

L’incidenza è alta sia per le importazioni di greggio e di prodotti metalmeccanici (circa il 30% del totale degli acquisti dall’estero), sia per l’’approvvigionamento del petrolio e del gas naturale liquefatto da “fonti alternative”, dopo l’addio al metano russo.

Il settore maggiormente in allarme è quello ortofrutticolo, poiché l’allungamento della rotta aumenta non solo i costi di trasporto ma anche il prezzo della merce che può subire un rincaro di oltre 10 cent di euro/kg. Inoltre, vi è una ripercussione importante anche sulla shelf-life dei prodotti freschi, in particolare mele, kiwi e agrumi.

In questo contesto, le aziende italiane stanno valutando azioni in grado di affrontare la situazione in corso e salvaguardare l’export.

crisi export canale di suez

 

Proteggere l’export italiano dalla crisi di Suez, quali misure?

Appare, dunque, chiaro quanto sia diventata critica la situazione dal punto di vista dell’economia. Molte aziende stanno subendo le ripercussioni del blocco e devono agire per far fronte agli inevitabili rallentamenti del commercio. Pertanto, è possibile muoversi attivamente adottando alcune misure che potrebbero rappresentare una soluzione alternativa ideale. Ma quali sono queste misure? Si possono intraprendere due strategie:

Approccio di breve periodo

  • Consolidare la presenza dell’azienda nei mercati in cui è già presente. Facciamo riferimento a mercati come quello europeo, conveniente sia per la vicinanza geografica che per le poche barriere all’ingresso.
  • Dato che però il mercato Europeo è meno vitale rispetto ad altri mercati, parallelamente si consiglia di ricercare nuovi mercati di sbocco che siano facili da raggiungere e non tanto ardui da penetrare (es. Balcani e Nordics).
  • Sulla scia della ricerca di nuovi mercati, una buona alternativa possono essere gli Stati Uniti che tuttora offrono moltissime opportunità in vari settori. 

 

Approccio di lungo periodo

  • Dal punto di vista strategico, anche in considerazione dell’opportunità offerta, è opportuno presidiare il mercato asiatico con una logica di local for local puntando a creare una presenza diretta supportata da una rete locale (service, clienti, fornitori, etc.). Nell’area, l’India è attualmente il Paese più promettente per questo tipo di investimenti.

 

Infine, sia che si tratti di entrare in nuovi mercati, sia che si voglia consolidare la propria presenza in aree già conosciute, per fare in modo che i problemi nel canale di Suez non impattino eccessivamente sul proprio business, è necessario rivedere la propria supply chain. Per poter evitare eccessivi rallentamenti nella produzione e sulla shelf-life (come nel caso dei prodotti freschi), la catena di approvvigionamento non deve subire intoppi di alcun tipo. Potrebbe, dunque, essere il caso di orientarsi su nuovi fornitori non coinvolti in aree geografiche critiche ed effettuare il giusto procedimento di qualificazione. 

La situazione nel canale di Suez è una priorità nell’agenda politica internazionale. L’obiettivo è quello di garantire il prima possibile la sicurezza dei transiti attraverso il canale di Suez, evitando quindi altri effetti negativi sul commercio internazionale. 

In attesa che nel breve periodo le istituzioni prendano provvedimenti a questa situazione, ogni business deve prendere in mano le redini del proprio commercio e decidere quali strategie sia di breve che di lungo periodo adottare. Naturalmente si tratta di scelte molto difficili per le quali sono necessarie diverse competenze: conoscenza delle strategie di internazionalizzazione e dei mercati, presenza in loco e esperienza maturata sul campo sono fattori chiave per il successo di tali strategie. 

 

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