A partire dal 2 aprile scorso, le aziende italiane che intendono export to the USA sono consapevoli che dovranno affrontare nuove sfide. Il Presidente Trump ha mantenuto la promessa elettorale, imponendo un dazio del 10% a tutti i paesi, con un impatto maggiore su 60 nazioni definite “worst offenders”, tra cui Cina e Unione Europea. Questo porterà i dazi USA al livello più alto dalla fine dell’Ottocento. L’amministrazione americana giustifica i dazi come una correzione necessaria per rispondere alle ingiuste barriere commerciali di altri paesi, basandosi sull’idea che un deficit commerciale rappresenti un’ingiustizia da correggere.
Come riporta l’Istituto per gli Studi di Politica Internazionale, secondo la formula di Trump, i dazi vengono calcolati dividendo il deficit commerciale per le importazioni totali e dimezzando il risultato; per l’Unione Europea, ciò si traduce in un dazio del 20%, mentre l’Italia, con un surplus di 44 miliardi, avrebbe un dazio del 29%, ma beneficia di uno “sconto” grazie all’appartenenza all’UE.
Le imprese dell’UE devono valutare con attenzione l’impatto dei dazi imposti dagli Stati Uniti per sviluppare strategie di export efficaci, tenendo conto del nuovo contesto commerciale.
THE settori farmaceutico e automobilistico, principali esportatori verso gli USA, potrebbero subire le maggiori ripercussioni. Nel settore agroalimentare, gli USA rappresentano la seconda destinazione per le esportazioni agricole europee. Nel 2023, queste esportazioni sono calate del 6%, principalmente a causa della diminuzione delle vendite di distillati e liquori.
L'Italia esporta beni verso gli USA per un valore di 67 miliardi di euro, pari al 10,7% dell’export nazionale, con un avanzo commerciale di 42 miliardi. Dazi del 25% sui prodotti agroalimentari italiani potrebbero costare ai consumatori americani fino a 2 miliardi di euro, con impatti significativi su vino, olio d’oliva, pasta e formaggi. Le aziende italiane potrebbero affrontare costi tra 4 e 7 miliardi di euro, con una perdita di oltre 60.000 posti di lavoro all’anno. Pertanto, esportare alimenti negli USA richiede una pianificazione attenta per mitigare questo potenziale impatto.
Dopo l’annuncio dei nuovi dazi da parte di Trump, sono stati numerosi gli interventi da parte di economisti e rappresentanti autorevoli del mondo imprenditoriale e industriale italiano. In una recente intervista a La Stampa, Emanuele Orsini, Presidente di Confindustria, ha sottolineato l’importanza per le aziende di sviluppare strategie mirate per continuare a export to the USA, adattandosi al nuovo contesto commerciale.
“L’Italia deve gran parte della sua crescita a doppia cifra nel post-Covid all’aumento delle esportazioni verso gli USA, che nel 2024 hanno raggiunto i 65 miliardi di euro, generando un surplus commerciale di 42 miliardi”, ha dichiarato Orsini. I settori più esposti includono il farmaceutico, l’alimentare, le macchine per la produzione e il tessile-moda.
Orsini ha inoltre evidenziato due imperativi per l’Europa: dialogare con la nuova amministrazione americana ed evitare reazioni impulsive che potrebbero risultare controproducenti, avvertendo che un’escalation con gli USA avvantaggerebbe solo la Cina. Tra le azioni immediate suggerite, ha indicato la necessità di accelerare il taglio dei tassi da parte della BCE per deprezzare l’euro e mitigare l’effetto dei dazi americani. Ha inoltre sottolineato l’importanza di definire nuovi accordi commerciali con paesi come Mexico, India, Japan, Thailandia e Vietnam, che stanno diventando poli sempre più rilevanti nell’economia globale, e di rendere operativo il trattato con il Mercosur sudamericano, per incentivare l’export e diversificare il mercato internazionale.
Nel contesto di un’intervista intitolata “Dove l’export non paga dazio”, condotta da Motore Italia e pubblicata su Milano Finanza, il CEO di Octagona Alessandro Fichera, ha esaminato in dettaglio le strategie che le imprese italiane possono adottare per affrontare efficacemente i dazi americani e competere al meglio sul mercato globale. In tal senso, ha evidenziato l’importanza cruciale per le PMI italiane di sviluppare una solida presenza produttiva internazionale.
“Il manufacturing footprint è un aspetto su cui le aziende devono prepararsi il prima possibile”, ha affermato Fichera. Questo implica una valutazione approfondita per identificare i mercati più adatti su cui investire. L’intelligenza artificiale diventa uno strumento essenziale per analizzare rapidamente grandi quantità di dati e prendere decisioni informate.
A supporto di questo, Bonfiglioli Consulting, di cui Octagona è la Business Unit dedicata all’internationalization delle aziende, ha sviluppato un tool avanzato che consente di mappare i mercati e identificare potenziali criticità, come blocchi doganali o tensioni geopolitiche. Questo strumento permette alle aziende di anticipare e gestire efficacemente tali sfide, garantendo un approccio proattivo essenziale per adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato globale e mantenere un vantaggio competitivo.
Alessandro Fichera ha avvertito che la mancanza di pianificazione e l’ignorare le differenze culturali sono errori comuni tra le PMI che puntano a intraprendere percorsi di internazionalizzazione. “Oggi i numeri rivestono un ruolo cruciale”, ha sottolineato, evidenziando l’importanza di analizzare attentamente i fornitori e predisporre sistemi di allerta per affrontare eventuali sfide di mercato. Le aziende italiane devono adottare strategie mirate e puntare sull’aggregazione per competere in mercati complessi e dinamici, dove i concorrenti sono spesso di dimensioni molto maggiori.
“Abbiamo bisogno di attrarre risorse estere in Italia per ampliare la nostra capacità culturale e la visione d’insieme”, ha aggiunto il CEO di Octagona. Questo approccio non solo rafforza la competitività delle imprese, ma amplia anche la loro prospettiva globale, consentendo di affrontare le sfide con una visione più ampia e integrata, migliorando la resilienza.
In merito ai paesi da monitorare, in una precedente intervista a Milano Finanza, Fichera aveva già indicato il Messico come un mercato molto promettente, soprattutto per gli investimenti produttivi. A Monterrey, il governo locale sta attirando investimenti esteri con incentivi significativi.
È importante tenere d’occhio anche United Arab Emirates, Saudi Arabia e, in particolare, l’India, descritta come “un mercato con dinamiche di crescita impressionanti, ma complesso, che richiede un approccio culturale attento”. L’India, infatti, invita a produrre con tecnologie occidentali, ma utilizzando manodopera locale.
In un contesto in cui export to the USA è diventato più complesso a causa delle nuove politiche commerciali e dei dazi imposti dall’amministrazione Trump, e ulteriormente complicato dalle fluttuazioni del cambio euro-dollaro, l’economia italiana si trova ad affrontare sfide significative che possono anche trasformarsi in opportunità rilevanti.
Questa situazione richiede un’analisi attenta delle strategie di penetrazione del mercato americano, considerando non solo i dazi ma anche i costi logistici e la concorrenza sempre più agguerrita.
Mentre lo scenario geopolitico è in attesa di ridefinizione e nuovi accordi potrebbero essere stabiliti, l’investimento diretto negli Stati Uniti, attraverso la creazione di filiali o joint venture, può essere una strategia efficace per mitigare l’impatto dei dazi e garantire una maggiore competitività a lungo termine. Questo approccio permette inoltre di accedere a finanziamenti locali e di beneficiare di incentivi governativi, a seconda dello stato scelto per l’insediamento.
Abbiamo già discusso di come open a company in the United States possa facilitare i rapporti commerciali con le imprese locali, che spesso preferiscono interagire con aziende soggette alla giurisdizione americana, semplificando così le procedure amministrative e accelerando i tempi di risposta.
L’apertura di una filiale negli Stati Uniti è generalmente agevole grazie a una burocrazia efficiente, sebbene richieda una conoscenza approfondita delle normative locali. In aggiunta, è essenziale per le aziende valutare attentamente il tipo di società da costituire, considerando fattori come l’assunzione di dipendenti, la tassazione dei profitti e la gestione dei rischi. Non è necessario avere un visto, essere residenti, costituire un consiglio di amministrazione, avere un socio americano o versare un capitale minimo obbligatorio. La scelta della struttura legale più adatta è fondamentale per ottimizzare la gestione fiscale e minimizzare i rischi.
Negli Stati Uniti, le principali forme societarie sono Sole Proprietorship, Corporation e LLC. La scelta ottimale dipende dalle esigenze specifiche dell’azienda. La Sole Proprietorship è semplice, ideale per piccole attività; la Corporation offre protezione legale ma implica doppia tassazione; la LLC combina vantaggi fiscali e responsabilità limitata. La tassazione sugli utili è del 21%, senza costi fissi iniziali, ma richiede pianificazione fiscale. La registrazione richiede la scelta dello stato, la verifica del nome, un agente registrato, documenti di incorporazione, un EIN, un conto bancario e il rispetto delle normative. Il processo, sebbene complesso, può risultare veloce e agevole se supportato da professionisti.
Il contesto globale pone sfide sempre più complesse per le imprese italiane che desiderano esportare negli Stati Uniti. Tuttavia, proprio in questa complessità si celano anche grandi opportunità. È fondamentale adottare un approccio strategico che combini competenze legali e fiscali, conoscenza del territorio e strumenti di analisi avanzati.
In questo scenario si inserisce un nuovo strumento pensato proprio per facilitare le scelte delle imprese italiane: la Guida Paese Smart, recentemente presentata dal Consolato Generale d’Italia a Los Angeles e da quello di San Francisco. La guida fornisce una panoramica approfondita degli 11 stati della West Coast americana, evidenziando opportunità settoriali, barriere normative, strategie di ingresso e casi di successo imprenditoriale. Un vero e proprio manuale operativo, ricco di dati aggiornati e risorse interattive, che aiuta a orientarsi nel mercato statunitense con maggiore consapevolezza e visione di lungo periodo.
,
Per chi vuole esportare o investire negli USA, consultare la Guida rappresenta il primo passo per costruire una presenza solida, sostenibile e competitiva.
👉 Scopri ora la [Guida Paese Smart] e inizia a pianificare la tua strategia di ingresso negli Stati Uniti con il supporto giusto.
Are you interested in our service?
Fill out the form or contact us at the number
+39 059 9770184