L’export italiano è in continua crescita e sempre più aziende sono interessate a intraprendere un percorso di internazionalizzazione.
I numeri parlano chiaro: dal “Rapporto Export 2023 | “Il futuro è adesso, INSIEME” di SACE, emerge che le esportazioni del nostro paese arriveranno a un +6,8% nel 2023, per un fatturato di oltre 660 miliardi di euro. Si tratta di valori decisamente interessanti, che sanciscono un’evoluzione positiva per il nostro export, destinato a incrementarsi nel tempo.
Ed è importante ricordare che quando parliamo di esportazioni, non facciamo riferimento solamente al trasferimento all’estero di beni materiali, ma anche a quello di servizi.
Sempre secondo un recente rapporto SACE, realizzato in collaborazione con Manageritalia, ci si aspetta che nel 2023 l’export servizi per l’Italia cresca del 2,6%.
Seppure abbia risentito della recente pandemia, il settore dei servizi risulta sempre più importante negli scambi commerciali internazionali e, dunque, una possibile opportunità per imprese italiane che fanno dei servizi il focus del loro business.
Sono infatti proprio i servizi a identificarsi come una parte integrante dei processi produttivi odierni, in particolare quelli definiti “ad alta tecnologia”, ovvero quelli relativi ai settori di ricerca e sviluppo, consulenza manageriale e professionale, ingegneria e architettura.
L’export di servizi italiano ha raggiunto nel 2021 il valore di 26,2 milardi di euro, sempre secondo il report di SACE, superando addirittura il turismo, da sempre fiore all’occhiello della nostra economia.
Ma quali sono i paesi di destinazione? Il 51% è rappresentato da nazioni dell’Unione Europea, al di fuori di questi confini troviamo Svizzera, Stati Uniti, Regno Unito e Cina.
Secondo la World Trade Organization nel report “Services in Trade” del 2022, il settore dei servizi accrescerà esponenzialmente il suo peso nel commercio internazionale.
Questa tendenza è dovuta anche alle innovazioni tecnologiche, che hanno reso più semplice la fornitura di servizi all’estero.
E quando parliamo di export, ci sono paesi dall’economia emergente che si stanno sempre più affermando come possibili interlocutori, anche per la nostra nazione. La Corea del Sud è uno di questi, così come il Vietnam.
L’Europa rappresenta il secondo fornitore di beni proprio per la Corea del Sud grazie anche all’esistenza di un accordo commerciale che prevede l’abolizione dei dazi doganali per la maggior parte dei prodotti (98,7%) e anche una minor burocrazia per le esportazioni di beni del settore farmaceutico, automobilistico, elettronico e chimico (fonte Commissione Europea).
Anche chi desidera vendere in Corea del Sud i propri servizi, può sfruttare oggi determinati vantaggi: diventa infatti meno complesso creare un collegamento nel paese, non solo per offrire i propri servizi ma anche per creare un ufficio, una filiale o una succursale della propria impresa.
Ecco quali sono gli i settori maggiormente coinvolti:
Le aziende che operano in tali settori hanno, in virtù dell’accordo commerciale stipulato, la possibilità di essere trattate alla stregua di aziende del paese e di erogare la maggior parte dei loro servizi direttamente, senza necessità di subappalto.
Inoltre, vi sono più opportunità anche per chi vuole partecipare a gare d’appalto in Corea del Sud: le imprese UE infatti possono ora fare proposte per contratti definiti “build-operate-transfer” (BOT) (servizi di concessione).
Ciò vuol dire che aziende italiane possono anche concorrere in grossi bandi infrastrutturali, come la realizzazione di reti di trasporto e/o candidarsi per la loro gestione.
CONCLUSIONI
Nell’ambito di queste numerose facilitazioni, che riguardano non solo l’export di beni ma anche l’export servizi, si configurano numerose opportunità per le imprese che desiderano affacciarsi in questo mercato e vendere in Corea del Sud.
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