In questo scenario di crisi dovuto alla pandemia, i mercati emergenti asiatici sono quelli per i quali si prospetta una ripartenza più rapida, con previsioni nel 2021 del +8,0% di crescita. Queste stime così ottimistiche sono dovute soprattutto al forte rilancio dell’attività economica in Cina, in particolare alla ripresa della fornitura di beni intermedi nelle produzioni delle altre economie della regione.
Oltre alle conseguenze economiche, il Covid-19 ha infatti evidenziato il problema della produzione di molti beni intermedi concentrata in modo eccessivo in poche aree geografiche, prima fra tutte la Cina.
La regione asiatica, caratterizzata dalla presenza di numerose economie emergenti, rappresenta una scelta quasi naturale per le imprese che cercano alternative d’investimento alla Cina. E uno dei motivi che porta gli imprenditori ad optare per questi Paesi è proprio la vicinanza al mercato cinese e la possibilità di usufruire dei vantaggi tariffari creati dall’area di libero scambio tra la Cina e i Paesi ASEAN. Nonostante, quindi, la posizione ancora rilevante della Cina, gli altri principali mercati della regione stanno attirando maggiori investimenti esteri grazie a caratteristiche demografiche ed economiche favorevoli.
L’Ufficio Studi di SACE ha svolto una valutazione sui Paesi dell’ASEAN che più possono beneficiare della riduzione degli investimenti delle imprese in Cina. Ciascun Paese è stato analizzato attraverso un indicatore di “attrattività”, basato su diverse componenti quali il grado di similarità del paniere di beni esportati rispetto a quello cinese, la dimensione dell’economia, il livello medio dei salari, la qualità della forza lavoro, delle infrastrutture e della governance, il livello di apertura al commercio internazionale.
Il Vietnam si presenta come la destinazione più appetibile per quelle imprese alla ricerca di mete diverse dalla Cina, con uno scarto significativo rispetto al resto del gruppo. Il Paese ha la migliore qualità della forza lavoro a fronte di un livello dei salari inferiore del 60% rispetto a quelli cinesi, una rete di infrastrutture sviluppata che permette il corretto funzionamento dell’intero processo produttivo, e una governance efficace con una forte stabilità politica e un contesto normativo aperto agli investimenti esteri.
Inoltre, grazie all’alto grado di similarità del paniere di beni esportati dal Vietnam rispetto alla Cina, il Paese ha già tutte le carte in regola per far propria parte della produzione tipicamente cinese, soprattutto in alcuni settori come il tessile e i prodotti elettronici.
Il risultato di questa analisi non fa altro che confermare il fenomeno già emerso negli ultimi anni che vede un numero sempre maggiore di imprese trasferire parte della propria capacità produttiva in Vietnam. Da non trascurare poi la recente entrata in vigore di due accordi di libero scambio: quello tra il Vietnam e l’Unione Europea (EVFTA), e il Partenariato Economico Globale Regionale siglato tra i dieci stati dell’ASEAN e cinque dei loro partner di libero scambio: Australia, Cina, Giappone, Nuova Zelanda e Corea del Sud.
Entrato in vigore il 1° Agosto 2020, l’EVFTA ha immediatamente azzerato l’85,6% delle linee tariffarie delle esportazioni vietnamite verso l’UE. Entro 7 anni, il 99,2 % delle tariffe per i prodotti vietnamiti verrà ridotto a zero e la restante percentuale sarà esentasse entro i prossimi 11 anni.
Secondo recenti statistiche, le imprese vietnamite si stanno già velocemente adattando alle nuove misure e le organizzazioni autorizzate hanno già rilasciato 15.000 serie di certificati di origine, necessari per usufruire dei vantaggi dell’accordo.
La firma del Partenariato Economico Regionale Globale (RCEP) ha dato invece vita alla più ampia zona di libero scambio al mondo. Uno dei vantaggi principali che questo accordo porta è la standardizzazione delle regole d’origine che permetterà alle imprese, anche quelle già presenti nella regione, di spedire la merce senza doversi adattare a criteri diversi per ogni Paese.
Gli accordi quindi hanno già mostrato i primi benefici sull’economia della regione, e avranno risvolti importanti anche per tutte le imprese europee.
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