L’articolo riassume le principali lezioni emerse durante l’evento “India&Italy Business Meet”, delineando un quadro strategico per le imprese italiane che intendono operare con successo nel mercato indiano. Partendo dall’analisi del contesto macroeconomico – caratterizzato da un enorme potenziale demografico, una classe media in forte espansione e un interscambio bilaterale record con l’Italia – viene evidenziato il messaggio centrale: la chiave del successo risiede in una presenza radicata e localizzata, che implica la produzione in loco per il mercato locale, l’adattamento dei prodotti agli standard indiani e l’inserimento di management locale per superare le barriere culturali e operative.
Il cuore dell’analisi si basa sulle testimonianze dirette degli imprenditori, i quali sottolineano come un approccio basato sulla semplice esportazione sia destinato a fallire.
Vengono poi esaminate le sfide specifiche per settore – dai dazi e le complesse certificazioni nella meccanica, alla distribuzione frammentata nel lusso, fino alle normative complesse nell’agroalimentare – e l’importanza cruciale di comprendere la cultura negoziale indiana, basata su relazioni personali e pazienza.
L’articolo illustra anche gli strumenti di supporto disponibili, come la “Misura India” di SIMEST, un finanziamento agevolato pensato per sostenere investimenti strutturati, e la certificazione ITALYX, uno strumento per comunicare il valore del Made in Italy e differenziarsi dalla concorrenza basata sul prezzo.
L’India non è più una promessa futura, ma una realtà economica imprescindibile. Un gigante demografico con un’energia inarrestabile, spinto da una popolazione giovane e da una classe media in netta ascesa. Per le imprese italiane, questo mercato non rappresenta solo un’opportunità di export, ma un imperativo strategico per la crescita globale. È pur vero che approcciare l’India con la mentalità e gli strumenti del passato è una ricetta per il fallimento. Questo è il messaggio forte e unanime emerso durante l’evento “India&Italy Business Meet”, un’occasione in cui istituzioni e imprenditori hanno condiviso esperienze concrete, delineando un nuovo paradigma per il successo.
Comprendere la scala e il dinamismo dell’India è il primo passo. Come sottolineato dalla Camera di Commercio Indo-Italiana (IICCI) e da Alessandro Fichera, CEO of Octagona, i dati macroeconomici dipingono un quadro di opportunità senza precedenti. Con oltre 1,46 miliardi di abitanti e un’età mediana di soli 29 anni, l’India gode di un “dividendo demografico” che sosterrà la domanda interna e la disponibilità di forza lavoro per decenni. Entro il 2030, si stima che quasi una famiglia su due apparterrà alla fascia di reddito medio-alta, creando un bacino di oltre 10 milioni di consumatori con un’elevata propensione all’acquisto di prodotti “Made in Italy”.
Questa trasformazione sociale è supportata da un’agenda di politica economica ambiziosa, con iniziative come “Make in India”, “Digital India” e massicci investimenti in infrastrutture e transizione energetica. Per l’Italia, questa evoluzione si è già tradotta in un interscambio bilaterale record di circa 14 miliardi di euro, con un export trainato dai beni strumentali (oltre 2,5 miliardi di euro) e una crescita significativa dei beni di consumo (+28% nel 2024 vs 2021). Con circa 828 aziende italiane già presenti sul territorio, è chiaro che il sentiero è tracciato. Ma come percorrerlo con successo?
La testimonianza degli imprenditori presenti alla tavola rotonda è stata emblematica e ha messo in discussione l’idea che l’India possa essere affrontata come un semplice mercato di esportazione. Giampaolo Morandi, Managing Director di IEMCA (Gruppo Bucci), ha definito il business in India come “praticare uno sport estremo”, sottolineando che la classica logica di export è destinata a fallire.
L’esperienza di Alessandro Malavolti, CEO di AMA SPA, è un caso di studio illuminante. Presente in India da 30 anni, l’azienda ha inizialmente tentato di replicare il modello organizzativo italiano, un tentativo che si è rivelato un “fallimento”. La svolta è arrivata con una decisione radicale: assumere un CEO indiano e immergersi completamente nella mentalità, nei tempi e nei modi locali. La produzione stessa ha dovuto essere ripensata: per essere competitivi sul mercato indiano, non si poteva vendere un prodotto progettato per gli standard europei. È stato necessario produrre localmente, adattando il prodotto agli standard e alle aspettative del mercato indiano, che sono “decisamente più bassi” in certi ambiti della meccanica. La lezione è chiara: per sell in India, bisogna produrre in India, secondo la logica indiana. Questo passaggio da una visione prodotto-centrica a una mercato-centrica è il fulcro di efficaci strategie di internazionalizzazione in India.

Ogni settore presenta opportunità uniche, ma anche ostacoli specifici che devono essere affrontati con lucidità.
A queste sfide settoriali si aggiungono quelle culturali. La negoziazione in India è un’arte basata sulle relazioni personali, sul rispetto delle gerarchie e su una pazienza infinita. Le trattative sono lunghe, le decisioni coinvolgono spesso il top management e la tendenza a non dire “no” in modo diretto richiede una verifica continua dell’allineamento. Come sottolineato da Matteo Lugli, CFO di CBM SpA, è fondamentale la presenza di una persona italiana in loco per costruire quel rapporto “one-to-one” che facilita il business e crea legami di fiducia.
Affrontare un mercato così complesso richiede non solo una visione strategica, ma anche gli strumenti finanziari e di marketing adeguati. L’intervento di SIMEST ha illustrato come le istituzioni italiane stiano rispondendo a questa esigenza. La nuova “Misura India” del Fondo 394 non è un semplice finanziamento, ma uno strumento pensato appositamente per le sfide del mercato indiano. Con un plafond di 200 milioni di euro, offre finanziamenti a tasso agevolato con una quota a fondo perduto fino al 20% per le PMI innovative o del Sud.
La sua struttura è particolarmente intelligente: impone che almeno il 60% delle spese sia destinato a investimenti patrimoniali (macchinari, tecnologie, upgrade di strutture), mentre fino al 40% può essere utilizzato per spese operative essenziali come certificazioni, consulenze, affitto di showroom, marketing e, soprattutto, formazione e assunzione di personale locale. Questo strumento permette di finanziare esattamente quel tipo di ingresso strutturato che gli imprenditori hanno indicato come necessario, supportando sia l’investimento fisico che lo sviluppo delle competenze locali.
Parallelamente, per competere in un mercato dove il prezzo è un fattore critico, comunicare il valore intrinseco del Made in Italy diventa essenziale. Qui entra in gioco un’iniziativa come ITALYX, la certificazione di “Italianità” promossa da Il Sole 24 Ore e Confindustria. Andando oltre la semplice etichetta “Made in Italy”, ITALYX valuta l’azienda nel suo complesso – dalla progettazione alla manifattura, dalla filiera alla proprietà intellettuale. Per un’impresa che si presenta in India, questa certificazione diventa uno strumento tangibile per differenziarsi, giustificare un posizionamento premium e rafforzare la credibilità verso partner e clienti, contrastando la concorrenza basata unicamente sul prezzo.

Le esperienze dirette degli imprenditori hanno offerto lezioni preziose e consigli operativi. Valeria Giacomoni, Managing Director di SICA S.p.A., ha posto l’accento sull’importanza del capitale umano. Per fidelizzare i dipendenti in un contesto di alta mobilità e difficoltà logistiche (come il traffico di Mumbai), l’azienda ha investito in benefit concreti come appartamenti, trasporti e assicurazioni sanitarie, creando un ambiente di lavoro familiare. Questo investimento sulle persone, unito a una formazione continua, trasforma i dipendenti in risorse orgogliose e leali.
Matteo Lugli dthe CBM ha raccontato come la loro avventura indiana sia nata da una joint venture in difficoltà, risollevata grazie a un partner strategico e a investimenti mirati che hanno portato all’apertura di due stabilimenti. Per loro, l’India è diventata cruciale anche per contrastare la crisi della filiera manifatturiera in Italia, producendo componentistica di base a costi competitivi. Le sue parole confermano la posizione di Fichera: per avere successo, è necessario un impegno finanziario e temporale adeguato, con un orizzonte di 5-10 anni. Le strategie di internazionalizzazione in India non possono essere basate su iniziative spot.
Il messaggio dell’ “India&Italy Business Meet” è inequivocabile: l’India è una maratona, non uno sprint. Il successo non deriva dall’applicazione di formule preconfezionate, ma da un approccio integrato basato su tre pilastri fondamentali.
Land strategie di internazionalizzazione in India richiedono coraggio, pazienza e un profondo cambiamento di mentalità. Per le imprese italiane, il potenziale è immenso, ma il percorso è complesso. Affidarsi a partner con esperienza non è questo punto un’opzione, ma una necessità. Octagona, con la sua esperienza pluriennale, affianca le imprese in questo percorso, fornendo una consulenza d’internazionalizzazione per le imprese mirata e pragmatica, che diventa l’asset strategico per trasformare le potenzialità in un successo concreto e duraturo. L’India attende, ma attende imprese preparate.
Are you interested in our service?
Fill out the form or contact us at the number
+39 059 9770184