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Export negli USA: gli effetti del post elezioni

Export negli USA: gli effetti del post elezioni

Quali sono gli scenari che dovrà affrontare l’export negli Usa dopo le recenti elezioni nel paese americano? Le imprese italiane si trovano a dover fare i conti con le nuove politiche commerciali annunciate dall’amministrazione statunitense, che prevedono un significativo aumento dei dazi sulle importazioni. Le tariffe potrebbero arrivare fino al 60% per i beni provenienti dalla Cina e addirittura al 100% per le auto cinesi, mentre per altri Paesi si prevede un incremento del 10%. 

Queste misure hanno sollevato preoccupazioni tra gli analisti, che stanno valutando le ripercussioni di tali politiche sull’inflazione e sulla crescita economica degli Stati Uniti, oltre agli effetti sugli equilibri commerciali globali. In questo contesto di incertezze, è naturale che le aziende italiane si interroghino sulle possibili conseguenze e opportunità che potrebbero derivare dalla nuova situazione politica negli USA. Mentre alcuni temono un rallentamento delle esportazioni, altri vedono la possibilità di diversificare i mercati e di rafforzare le relazioni commerciali con altri Paesi. È quindi fondamentale analizzare non solo le sfide, ma anche le potenziali ripercussioni positive che potrebbero emergere in questo nuovo scenario.

Export negli Usa

Export negli Usa, quale sarà l’impatto dei dazi?

Il commercio internazionale riveste un ruolo fondamentale per l’economia italiana. L’Italia si colloca al quarto posto nel mondo per volume di esportazioni, insieme a Giappone e Corea del Sud, e al dodicesimo per importazioni a livello globale. Attualmente, l’export negli Usa rappresenta circa il 40% del PIL nazionale, confermandosi un elemento chiave per la crescita economica e la bilancia dei pagamenti. Nel 2024, le esportazioni italiane sono aumentate del 3,7%, con previsioni di crescita del 4,5% nel 2025 e del 4,2% in media nei due anni successivi. Si stima che l’export italiano possa superare ii 650 miliardi di euro nel 2024, raggiungendo i 679 miliardi quest’anno. Negli ultimi tre anni, l’export italiano ha registrato una crescita superiore rispetto ad altri Paesi europei. (Fonte: Infomercatiesteri)

In particolare, gli Stati Uniti rappresentano il secondo mercato di sbocco per il Made in Italy, con un export previsto di oltre 67 miliardi di euro nel 2024. Esportare negli Stati Uniti è quindi cruciale per molte aziende italiane, che hanno visto un incremento costante delle loro vendite nel mercato americano negli ultimi anni.

Con l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti, la politica “America First” ha introdotto un approccio più protezionista e nazionalista, sollevando preoccupazioni per le aziende italiane attive nel mercato statunitense, in particolare considerando l’aumento dei dazi sui prodotti importati. Ma la situazione è davvero così preoccupante? 

Il rilancio dell’“America First” e la reazione dei mercati

Durante il primo mandato di Trump, sono state introdotte tariffe su numerosi prodotti italiani, a cui l’Europa ha risposto con dazi su prodotti agricoli e altri beni. L’amministrazione Biden ha mantenuto queste barriere commerciali e ha promosso il reshoring, implementando politiche a sostegno della produzione “made in USA“.

Il nuovo scenario post-elettorale preannuncia dunque un ritorno all’approccio “America First”, caratterizzato da politiche protezioniste che non solo aumentano i dazi e penalizzano l’export, ma mirano anche a ridurre le imposte e incentivare la produzione interna. Questa direzione ha rassicurato i mercati azionari, facendo salire le quotazioni delle azioni statunitensi e il valore del dollaro, mentre i tassi dei titoli di stato USA hanno registrato un incremento.

Alcuni economisti sostengono che i mercati avessero già anticipato una vittoria di Trump, generando una reazione positiva nel settore azionario e un rialzo nei tassi di interesse. Anche i rendimenti dei Treasury statunitensi sono aumentati, riflettendo le aspettative di politiche fiscali più espansive.

Secondo alcuni esperti, la politica orientata alla crescita economica attraverso una riduzione fiscale e l’aumento dei dazi potrebbe favorire nel prossimo futuro l’azionario americano a discapito del mercato obbligazionario. Tuttavia, l’inflazione potrebbe aumentare, portando a un possibile “steepening” della curva dei rendimenti.

In questo contesto, l’Europa potrebbe subire contraccolpi economici significativi: si stima che un dazio del 10% sulle importazioni statunitensi potrebbe ridurre il PIL europeo dello 0,2% entro il 2026.

Il mercato azionario europeo è già sottoesposto agli investitori internazionali, limitando così l’attrattiva dell’Europa rispetto al mercato statunitense. Gli Stati Uniti rappresentano uno dei partner commerciali più importanti per l’Italia, e questa situazione potrebbe effettivamente condizionare la quota delle esportazioni italiane verso il mercato statunitense.

Ripercussioni dell’aumento dei dazi statunitensi sul mercato internazionale: il caso delle commodity

Un aspetto spesso trascurato riguarda l’impatto che l’aumento dei dazi statunitensi ha sui prezzi delle commodity a livello internazionale. Gli Stati Uniti, in quanto importatori netti di molte materie prime, potrebbero trovarsi ad affrontare un incremento dei costi interni, con conseguenze dirette sull’inflazione. Se le misure di compensazione adottate dal governo si rivelassero inefficaci, i prezzi delle commodity potrebbero subire un significativo aumento nel mercato americano.

A livello globale, tuttavia, l’imposizione di dazi ridurrebbe l’export negli Usa, aumentando l’offerta nei mercati internazionali e portando a una contrazione dei prezzi. L’esperienza del primo mandato di Trump, caratterizzato da tariffe su acciaio e alluminio, offre spunti preziosi per comprendere gli effetti di tali politiche. Nel 2018, l’amministrazione Trump ha introdotto dazi del 25% sull’acciaio e del 10% sull’alluminio, in risposta a un’indagine che segnalava rischi per la sicurezza nazionale legati alle importazioni. 

I dati mostrano che, tra il 2018 e il 2019, i prezzi dell’acciaio negli Stati Uniti sono aumentati del 16,2%, mentre sui mercati internazionali sono rimasti stabili. indicando che l’offerta internazionale è riuscita a compensare la riduzione delle esportazioni verso gli USA. Un effetto simile è stato osservato per l’alluminio, con un incremento dei prezzi interni nel 2018, ma i prezzi globali hanno subito una flessione, in particolare in Cina. In Europa, l’impatto è stato attenuato da misure di protezione adottate dall’Unione Europea.

Questa analisi mette in luce come i dazi, pur avendo l’obiettivo di rafforzare l’industria nazionale, possano influenzare anche i mercati esteri, alterando l’equilibrio tra domanda e offerta a livello globale. Le ripercussioni di tali politiche non si limitano quindi al mercato interno, ma si estendono a un contesto internazionale, con effetti che meritano di essere attentamente considerati.

Export negli Usa delle aziende italiane: le previsioni in base al “Trump reciprocal trade act”

Secondo il National Board of Trade svedese, l’export negli Usa potrebbe subire una riduzione del 16%, con impatti significativi nei settori meccanico, farmaceutico e chimico. Prometeia stima che un aumento del 10% delle tariffe potrebbe costare all’Italia oltre 4 miliardi di dollari, colpendo in particolare il settore della moda. Se le tariffe venissero applicate in modo generalizzato, i costi per le imprese italiane potrebbero superare i 9 miliardi di dollari.

I nuovi dazi statunitensi rientrano nell’ambito del “Trump Reciprocal Trade Act”, un’iniziativa volta a riequilibrare il commercio tra gli Stati Uniti e i suoi partner. L’introduzione di restrizioni sui prodotti europei potrebbe innescare una nuova guerra commerciale, con misure di protezione da parte dell’Unione Europea e conseguenze significative sulle catene di approvvigionamento globali. Questo scambio di misure protezionistiche si ripercuoterebbe inevitabilmente anche sul mercato internazionale, come dimostrato dai recenti sviluppi nel settore delle commodity, come acciaio e alluminio.

Se l’approccio protezionista dovesse continuare, le aziende italiane potrebbero affrontare dazi su prodotti di punta del Made in Italy, come vino, formaggi e macchinari. Già durante il primo mandato di Trump, queste tariffe avevano avuto un impatto negativo sul settore agroalimentare italiano, riducendo le esportazioni negli USA e creando difficoltà per i produttori italiani interessati a esportare alimenti negli Stati Uniti.

Anche i settori tecnologico e automobilistico potrebbero subire conseguenze, con problemi nell’approvvigionamento di componenti essenziali e un aumento dei costi di produzione.

Tuttavia, il recente avvicinamento del governo italiano agli Stati Uniti potrebbe portare a benefici economici, come un incremento degli investimenti americani in Italia, specialmente in settori come tecnologia ed energie rinnovabili. D’altro canto, l’Italia potrebbe rischiare di perdere influenza in Europa, dove gli interessi commerciali non sempre coincidono con quelli statunitensi.

Un allineamento eccessivamente stretto con Washington potrebbe isolare l’Italia, indebolendo la sua capacità di negoziare condizioni favorevoli all’interno dell’Unione Europea e con altre potenze economiche come Cina e Giappone.

Esportare negli USA

Sfide e opportunità per le aziende italiane interessate alle esportazioni negli Stati Uniti

Alla luce di quanto esposto, è importante sottolineare che l’imposizione di dazi indiscriminati danneggerebbe anche l’economia statunitense. È improbabile che vengano colpiti beni industriali, fondamentali per l’export negli Usa proveniente dal nostro Paese, proprio per la loro rilevanza anche nel mercato americano.

Le misure restrittive sembrano, infatti, rivolgersi principalmente alla Cina, nonostante la posizione di Pechino come principale finanziatore del debito pubblico USA ponga dei limiti all’aggressività americana.

Il secondo mandato di Trump presenta sia sfide che opportunità. Mentre le azioni statunitensi e il dollaro sembrano essere i principali beneficiari, gli incentivi agli investimenti potrebbero creare nuove occasioni per le imprese italiane, proponendosi come alternativa di qualità ai produttori cinesi. 

In questo contesto, il governo italiano avrà un ruolo essenziale nel bilanciare le relazioni con gli USA senza compromettere l’integrazione europea, definendo una strategia chiara per supportare le aziende italiane a prosperare in questo nuovo panorama globale.

In uno scenario economico in continuo cambiamento, che coinvolge un Paese fondamentale per l’export italiano, è cruciale che le imprese italiane si focalizzino su strategie di internazionalizzazione tese a diversificare i mercati di sbocco, sviluppare partnership locali e adattare la propria offerta alle peculiarità del mercato statunitense.

Per cogliere con successo tutte le opportunità che questo mercato ha da offrire, occorre una pianificazione attenta e strategica, che abbia l’obiettivo di ottenere un percorso sostenibile non solo nell’accesso ma anche nel mantenimento della posizione competitiva sul mercato. 

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