L’Italia è il Paese della pasta. Non è una novità dal momento che in media un italiano consuma 23 kg di pasta all’anno: si tratta del dato più alto al mondo, staccando di gran lunga i consumatori della Tunisia (17 kg l’anno) e del Venezuela (13 kg), che completano il podio.
Ma non solo: l’Italia è anche la principale esportatrice a livello globale di pasta, occupando ben il 30% del mercato, con un fatturato annuo di 2,6 miliardi di euro nel 2021, secondo una classifica stilata da the Observatory of Economic Complexity.
E se guardiamo a chi è il primo importatore al mondo, notiamo che gli Stati Uniti importano il 10% di tutta la pasta prodotta.
Insomma, un’opportunità di business che non ha bisogno di altre spiegazioni: le imprese italiane produttrici di pasta, o comunque impegnate nel settore, possono trarre grandi benefici economici nelle relazioni Italia-USA.
Ma quali sono i motivi per cui gli USA sono un territorio così appetibile per l’imprenditoria italiana? E perché i nostri imprenditori dovrebbero puntare agli USA per i loro processi di internazionalizzazione?
In questo articolo scopriremo dati che rispondono a queste domande, capiremo come esportare pasta negli Stati Uniti secondo i più recenti regolamenti americani, e impareremo a massimizzare i profitti aumentando i fatturati dal mercato statunitense, per sfruttare appieno le potenzialità di business offerte da questo settore.
Secondo le più recenti stime di Monitor Deloitte per Intesa Sanpaolo, negli Stati Uniti una confezione di pasta su tre è prodotta in Italia.
La produzione di pasta statunitense sta infatti calando drasticamente, con una diminuzione del 3% registrata nel 2021. Il mercato statunitense ha infatti avuto una bilancia passiva: mentre l’export è valso 710 milioni di dollari nel 2021, le importazioni sono arrivate a toccare quota 940 milioni di dollari.
Ed ecco dunque come si sono inseriti gli operatori italiani: il consumatore medio americano è sempre più attento alla qualità e alla sicurezza degli alimenti che mette in tavola. Caratteristiche che i prodotti alimentari italiani, insieme al loro unico gusto e alla loro iconicità, sanno offrire. E negli ultimi tre anni le esportazioni italiane di materie prime, di prodotti finiti (considerando sia la pasta che i prodotti derivati) e tecnologie di settore hanno vissuto un vero e proprio boom economico, arrivando a toccare la cifra di 682 milioni di dollari (erano 488 milioni solo nel 2018).
E guardando al futuro, secondo gli analisti, gli USA resteranno il mercato prediletto per la pasta italiana nei prossimi anni, la quale continuerà ad essere il primo fornitore sia per la materia prima, sia per i macchinari e tecnologie, sia per il prodotto finito, con una crescita del 3,7% nei prossimi 5 anni.
Se sei arrivato a leggere fino a qua, hai sicuramente compreso quali possono essere le straordinarie opportunità di business per gli operatori del settore food, e in particolare di pasta, negli Stati Uniti. Ora però, studiamo insieme cosa serve e come fare per esportare pasta negli USA.
Per prima cosa, come per tutti gli altri prodotti del settore alimentare, serve la registrazione alla Food and Drug Administration (FDA). Nel dettaglio, si tratta di un obbligo normativo che tutti i produttori con sede operativa e/o legale all’estero sono tenuti a rispettare, nell’ambito della legge sulla “Sicurezza e Salute Pubblica”. L’iscrizione a tale registro è fondamentale, in quanto senza l’autorizzazione della FDA si viene inseriti in una Black List, portando al divieto di esportare tutti i prodotti dell’azienda verso gli USA.
Una volta fatta la richiesta, e avviate tutte le pratiche burocratiche (occorre fare attenzione che i prodotti che si vogliono commercializzare non ricadano in particolari categorie che necessitano ulteriori requisiti), verrà assegnato un numero di registrazione allo stabilimento di produzione identificato. Se si posseggono più stabilimenti, allora si dovranno ottenere diversi numeri di registrazione, per quanti sono gli stabilimenti stessi. Infine, per ognuno di essi, sarà necessario indicare un agente FDA, che rappresenti tali stabilimenti produttivi.
Una volta ottenuto il benestare della FDA, il passaggio successivo da compiere per commercializzare pasta negli Stati Uniti è porre l’etichetta corretta sulle confezioni di pasta.
Secondo la normativa statunitense, l’etichetta per gli alimentari confezionati (dunque non solo pasta, ma anche cibi in scatola, snack, pane, cereali, cibi surgelati, eccetera) deve contenere una descrizione del prodotto, il peso netto, gli ingredienti che sono stati utilizzati, il nome e l’indirizzo del produttore e il nome dell’importatore.
Inoltre, la FDA richiede che le informazioni relative ai valori nutrizionali (o Nutrition Labels) vengano contenute in un riquadro con cornice di colore nero o altro colore stampato su sfondo bianco e stabilisce le misure precise che dovrà avere il dettaglio rispetto alla superficie totale dell’involucro che contiene il prodotto alimentare.
Infine, per commercializzare un prodotto alimentare trasformato nel mercato statunitense, tutte le aziende che si registrano alla FDA dovranno anche adottare un sistema di gestione della sicurezza alimentare.
I Preventive Controls for Human Food prevedono che l’azienda adotti un sistema di procedure di controllo preventivo, basate sull’analisi del rischio, H.A.R.P.C. – Hazard Analisys and Risk Based Preventive Controls. Per gestire queste procedure l’azienda dovrà formare un Preventive Controls Qualified Individual (PCQI) tramite un corso di 3 giorni tenuto da un Lead Instructor qualificato dalla FSPCA (Food Safety Preventive Controls Alliance). Ad ogni attestato corrisponderà un codice identificativo del PCQI, tale figura può essere anche un consulente esterno qualificato designato dall’ azienda, il cosiddetto “FDA Agent”.
Quali le prospettive, allora?
Dai dati presentati, i consumatori statunitensi faranno sempre più utilizzo di pasta italiana. La strada non è sicuramente facile, tra paletti normativi e delicati passaggi burocratici, ma con il supporto di una società di consulenza qualificata questi problemi iniziali possono essere facilmente superati dai grandi profitti realizzabili nel mercato statunitense.
Oggi gli Stati Uniti non rappresentano più solo un’opzione nelle strategie di espansione delle imprese italiane, ma un percorso quasi obbligato per la continuità di profitti che sa offrire
Internazionalizzare negli USA può essere la scelta vincente per superare la concorrenza, dare impulso al futuro e ricavare nuovi profitti: sfruttare queste opportunità consente di consolidare il proprio percorso di crescita – sia in termini di fatturato che a livello di brand awareness.
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