In un 2022 molto burrascoso, caratterizzato dall’alta inflazione e della guerra in Ucraina, l’export può avere un ruolo importante nel rimettere in moto la crescita e lo sviluppo. Ma in questi come nei prossimi mesi, esportare sarà una sfida ancora più complessa e affascinante, soprattutto per le PMI che vogliono vendere all’estero.
Gli scenari nei quali si va a operare diventeranno più dinamici, interi settori industriali potrebbero uscirne ridisegnati. Sui mercati internazionali, ecco dunque che i sistemi distributivi, finanziari e logistici vanno in cerca di nuovi assetti e di nuovi equilibri.
Ed ecco che i rischi possono diventare opportunità: come rileva Fortis, l’economia italiana appare più resiliente del previsto anche in questo nuovo contesto di turbolenze globali, con i prezzi dell’energia e delle materie prime alle stelle, le carenze nelle forniture di materie prime e di componenti, fino alla guerra in Ucraina e le nuove restrizioni per il Covid in Cina (che verrà sostituita dall’India nel commercio internazionale).
I primi sei mesi del 2022 hanno fatto segnare un export nazionale pari a 306 miliardi di euro, ben 56 in più rispetto a quanto fatto registrare nell’anno precedente. I numeri sono da record con oltre 572 miliardi di euro in 12 mesi.
Dal punto di vista geografico, il Made in Italy si orienta sia sui mercati europei, con Francia e Germania al primo posto (con una crescita di oltre il 15%), sia nei mercati extra-europei dove i prodotti del nostro Paese sono fortemente apprezzati, particolarmente negli Stati Uniti, che hanno fatto registrare un aumento dell’import dall’Italia di oltre il 31%, toccando un nuovo massimo assoluto. Motivo di forte interesse per gli Stati Uniti è anche la forza del dollaro in questo momento storico.
Vola quindi il Made in Italy nel mondo, al punto da mantenere su ottimi livelli l’export italiano e facendo aumentare il PIL. Scopriamo quali sono i settori su cui le PMI devono puntare per vendere all’estero.
Secondo le più recenti stime di Monitor Deloitte per Intesa Sanpaolo, negli Stati Uniti una confezione di pasta su tre è prodotta in Italia.
La produzione di pasta statunitense sta infatti calando drasticamente, con una diminuzione del 3% registrata nel 2021. Il mercato statunitense ha infatti avuto una bilancia passiva: mentre l’export è valso 710 milioni di dollari nel 2021, le importazioni sono arrivate a toccare quota 940 milioni di dollari.
Ed ecco dunque come si sono inseriti gli operatori italiani: il consumatore medio americano è sempre più attento alla qualità e alla sicurezza degli alimenti che mette in tavola. Caratteristiche che i prodotti alimentari italiani, insieme al loro unico gusto e alla loro iconicità, sanno offrire. E negli ultimi tre anni le esportazioni italiane di materie prime, di prodotti finiti (considerando sia la pasta che i prodotti derivati) e tecnologie di settore hanno vissuto un vero e proprio boom economico, arrivando a toccare la cifra di 682 milioni di dollari (erano 488 milioni solo nel 2018).
E guardando al futuro, secondo gli analisti, gli USA resteranno il mercato prediletto per la pasta italiana nei prossimi anni, la quale continuerà ad essere il primo fornitore sia per la materia prima, sia per i macchinari e tecnologie, sia per il prodotto finito, con una crescita del 3,7% nei prossimi 5 anni.
Se sei interessato al settore food&beverage scopri tutte le opportunità della pasta italiana negli Stati Uniti nell’articolo dedicato.
Ad aumentare sono anche le esportazioni di olio d’oliva Made in Italy, con un salto del +23% rispetto allo scorso anno. E anche in questo caso, secondo l’ultimo dato diffuso da Coldiretti, il principale Paese di destinazione è rappresentato dagli Stati Uniti, dove si registra oltre il 62% del valore delle vendite.
Nei primi sei mesi del 2022 infatti il mercato USA è cresciuto del +20% in valore rispetto ai primi sei mesi dell’anno precedente. Ma attenzione anche al Canada, dove il valore delle esportazioni di olio d’oliva Made in Italy è cresciuto del 40% nello stesso periodo.
Da segnalare infine anche la crescita degli acquisti di consumatori tedeschi (+22%), e in Giappone (+27%) e Francia (+29%).
Grandi opportunità anche nel comparto dell’arredo e del legno: nei primi 6 mesi del 2022 abbiamo assistito a un incremento del +16,3% delle esportazioni italiane rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, in termini di valore.
Dato che solo parzialmente è dovuto all’inflazione e dai maggiori prezzi, in quanto la variazione delle vendite rispetto al primo semestre del 2021 è stata davvero significativa, facendo registrare un +22,2%
Particolarmente significativo il sistema arredamento e illuminazione, che nel primo semestre 2022 ha visto un incremento dei ricavi del +15,5%.
La moda italiana a fine 2022 supererà i livelli pre Covid, toccando quota 92 miliardi di euro di ricavi, in salita del 10,5% sul 2021 e del 2,5% sul 2019.
Tale dato è da attribuire all’incremento delle esportazioni, che supereranno i 75 miliardi di euro secondo il Sole 24 Ore, con un incremento del +11% sul 2021: si tratta di un dato ancora superiore ai 71,5 miliardi di euro di export fatto registrare nel 2019, l’ultimo anno precedente alla crisi sanitaria da Covid-19.
In particolare, l’export della moda Made in Italy nei primi cinque mesi del 2022 è cresciuto a un tasso del +21,9%. Tra i principali mercati di esportazione della moda italiana spiccano ancora una volta gli Stati Uniti (+59,7%), seguiti dalla Corea del Sud (+34,1%). Tra i Paesi dell’Unione Europea, sono invece da segnalare la Spagna (+31,5%), la Francia (25,1%) e la Germania (+20,2%).
Tanti numeri che servono ad indicare una tendenza ma soprattutto una grande opportunità. Forse mai come oggi il mondo è pronto ad accogliere le eccellenze italiane. Molte imprese se ne sono già rese conto, altre arriveranno in ritardo.
Se in questo momento ti stai chiedendo in quali settori la tua PMI dovrebbe vendere all’estero, allora la risposta è proprio nei numeri che hai appena letto. L’eccellenza italiana riceve massimo interesse e permette alle nostre aziende di generare, grazie ai mercati esteri, ulteriori fatturati e profitti.
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